Design Thinking: quali benefici per le aziende?

Potrebbe sembrarti una buzzword, qualcosa di molto creativo e poco concreto. Ma il Design Thinking, in realtà, può cambiare le sorti di un business.
Cos’è il Design Thinking e come si applica
Il processo di Design Thinking nasce a Stanford, mette le radici già negli anni Sessanta e poi esplode tra anni Novanta e Duemila, diffondendosi negli USA, in Canada e in gran parte d’Europa.
Basato sì sul modello dei designer, ma ispirato al metodo scientifico usato nella ricerca. La sua forza sta nell’unire pensiero creativo e problem solving: permette, infatti, partendo da un problema, di migliorare la capacità di prendere decisioni efficaci e soprattutto redditizie.
L’emergere dei problemi - qualcosa di quotidiano per le aziende - incontra quindi un fiorire di soluzioni innovative e calzanti.
In concreto, il Design Thinking si compone di 5 step, non lineari ma ciclici, che coinvolgono non solo i “tecnici” ma professionalità diverse (a seconda dell’aspetto da trattare) e potenzialmente anche elementi esterni all’azienda (fornitori o clienti).
Le 5 fasi
Il modello iniziale, poi rimaneggiato dalle varie scuole, è quello della Stanford University:
Vediamo cosa accade in ogni fase.
1. Empathize
Per delineare al meglio la situazione da risolvere, bisogna partire dalla radice: raccogliere dati, informazioni, interviste, che ci chiariscano la natura di questo problema.
Molto spesso, infatti, si osserva in modo superficiale la realtà, senza togliere i panni dell’azienda: ascoltare quello che hanno da dire gli altri può, invece, aiutare a vedere sfumature nuove, aspetti che non erano mai stati considerati.
Per far fruttare al massimo questo step, solitamente, si lavora con due strumenti: la User Journey Map e l’Emotional Map. Dagli aspetti concreti a quelli emotivi.
Perché? Facciamo un esempio. Una persona anziana che non riesce a muoversi bene con il girello ci dirà che ha problemi ad andare a prendere un caffè da un amico, a fare la spesa nel suo negozio di fiducia, a fare una passeggiata al parco. Qual è, allora, il vero problema? Non il semplice movimento, ma la solitudine.
2. Define
Ora si può iniziare a fare ordine: personas, pain points, ruoli, punti critici. Qui va messo tutto nero su bianco, in modo da avere davanti agli occhi la situazione dettagliata.
È fondamentale riportare tutto. Ad esempio, nelle interviste, non bisogna tralasciare nessuna parola: i verbi usati, le situazioni descritte sono delle miniere di informazioni.
Al termine di questa fase otterrai un Problem Statement: la definizione precisa e circostanziata del problema.
3. Ideate
E qui il metodo scientifico si mescola alla creatività!
Nel terzo step arriviamo alla svolta: abbiamo tutto ciò che ci serve per rovesciare la situazione, iniziando a ipotizzare tutte le soluzioni che potrebbero essere risolutive per il problema individuato.
L’avvertenza è una sola: non serve l’Idea, ma tante idee. In questa fase ciò che conta è la quantità e la possibilità di dare davvero sfogo alla creatività, senza porsi problemi di realizzazione concreta e fattibilità. Nessun giudizio, solo pensieri in libertà.
Uno dei metodi utilizzati per tirare fuori più idee è il Metodo SCAMPER, che aiuta a pensare outside the box: nato dal Brainstorming, accompagna i “creativi” in 7 passaggi che permettono di ri-pensare il prodotto o il servizio.
4. Prototype
Quando avrete buttato giù tante idee, queste potranno essere riordinate e valutate: dal team e dai clienti. Qui si iniziano a tirare le somme sulle soluzioni più interessanti!
In questa fase si va a creare un prototipo del prodotto o del servizio, dei mockup da sottoporre al giudizio degli altri. Si può costruire davvero ciò che vogliamo introdurre o semplicemente presentare l’idea.
5. Test
Sentire gli umori e le impressioni degli altri: questo si fa nella fase di test, lavorando sul prototipo, migliorandolo o affrontando la disfatta.
Già, perché da qui è possibile che si debba tornare alla fase di ideazione: il fallimento, in questo processo, fa parte del gioco e si deve essere pronti a ricercare, di nuovo, idee creative, costruire prototipi nuovi e ripartire.
Chi usa il Design Thinking?
Coca Cola, Nintendo, Auchan. Sono alcuni dei grandi nomi che hanno introdotto il Design Thinking nel loro modello di gestione.
Ma ci sono anche PMI, start-up e piccole realtà tra coloro che, attraverso questo processo, hanno raggiunto importanti risultati.
Questi sono due casi di successo.
- Alcuni macchinari per la TAC sono stati modificati per i più piccoli: vista la paura e la necessità di sedazione, ci si è inventati una sorta di vascello, un percorso avventuroso da affrontare durante l’esame diagnostico. Con una piccola modifica, il risultato è stato quello di avere bambini e famiglie più sereni, ma anche una riduzione dei costi di gestione.
- In Africa è nata una catena di atelier che confezionano abiti prêt à porter per donne, destinati alle cerimonie tradizionali, con tessuti dalle stampe tipicamente afro. L’azienda ha saputo mescolarsi al contesto socio-culturale, portando anche un nuovo senso di eleganza. Ha trovato il giusto mix e un nuovo mercato.
I benefici per le aziende
Al di là delle case history, quali sono i benefici che un’azienda può avere dall’applicazione del Design Thinking?
- Capacità di prendere decisioni: integrare il Design Thinking tra gli strumenti e le metodologie di un’impresa, significa ampliare le skill del team in ambito di problem solving. I problemi diventano criticità da risolvere in modo creativo, con un approccio più “leggero” e positivo. Inoltre, l’uso costante di questo processo, aiuta l’imprenditore a prendere anche decisioni importanti per il suo business, riducendo i rischi.
- Riduzione dei costi: quanto costa il Design Thinking? Nulla, a meno che tu non sia una grande azienda con un intero settore dedicato. Ma, in ogni caso, più che di spesa dovremmo parlare di investimento: i procedimenti aziendali vengono ottimizzati, i prodotti o servizi vengono migliorati e testati - con il risultato di avere clienti più felici e che spendono di più - e anche le criticità interne o con i partner possono essere riviste. Inoltre, ti ricordiamo che la fase di prototipazione e test si muove su idee, non necessariamente sulla realizzazione concreta delle soluzioni: ciò significa trovare la chiave giusta senza spendere cifre da capogiro.
- Cultura dell’innovazione: nell’azienda, ma anche nel sistema e nel mercato. Affinare prodotti o servizi ciclicamente e lavorare con un metodo scientifico e creativo allo stesso tempo, porta una ventata d’aria fresca dentro la compagnia e “impone” anche agli altri di tenersi al passo, dando vita a un circolo virtuoso basato sull’innovazione, come ricerca di soluzioni che diano sempre maggiori benefici alle persone.
- Soluzioni di qualità ed efficienti: l’obiettivo finale è proprio quello di creare prodotti, servizi, esperienze magari disruptive, ma sempre realizzabili, di qualità ed efficienti. Se questo scopo viene centrato, be’ è un grande risultato. Per tutti.
- Ambiente proattivo e team building: i singoli membri del team escono rafforzati dal processo di Design Thinking, che favorisce l’emergere di leadership naturali, la motivazione, lo sviluppo di un forte senso di appartenenza. Questa modalità di lavoro, infatti, permette di amalgamare al meglio le professionalità e di creare una sinergia di intenti, rappresentando anche un eccezionale momento di team building.
Il Design Thinking si sta affermando sempre con maggior forza, anche in Italia.
Un pizzico di creatività, come puoi vedere, può rappresentare la chiave per far funzionare meglio la tua azienda!